Giuseppe Gullo è Team Manager della Green Basket Palermo, ci racconta la sua esperienza con il mondo della disabilità.
In che maniera ha vissuto l’inclusione in campo? «Nel 1990, quando di disabilità e inclusione se ne parlava veramente poco, ero in squadra con i fratelli Pignataro: due atleti sordomuti eccezionali che giocavano nel Campionato Federale Pallacanestro in serie C unica regionale (che sarebbe oggi la serie C1 nazionale). Si trattava di una situazione eccezionale per l’epoca: un campionato di sport integrato in cui disabili e normodotati giocavano insieme nella stessa squadra».
Questa esperienza cosa le ha lasciato? «Una forte capacità di adattamento: abbiamo raggiunto grandi risultati grazie ai fratelli Pignataro con cui avevano creato un canale di comunicazione con il linguaggio dei segni e con il labiale. Ricordo un grande affiatamento tra tutti i componenti della squadra che hanno imparato il linguaggio dei segni proprio in questa occasione: uscivamo spesso tutti insieme a bere qualcosa o a mangiare fuori perché vivevamo l’inclusione dentro e fuori dal campo. Durante le trasferte purtroppo i nostri avversari non avevano lo stesso spirito e spinti dalla bramosia di vincere avevano talvolta un comportamento falloso approfittandosi nell’incapacità dei compagni sordomuti di emettere manifestazioni verbali per segnalare all’arbitro un fallo».
Dopo tanti anni le cose secondo lei sono cambiate? «Certamente, abbiamo fatto passi enormi nel progetto inclusivo. Nel mio lavoro come Team Manager condivido il campo del Pala Mangano a Palermo con i ragazzi che fanno basket in carrozzina: uno spazio fruibile anche per chi è in sedia a rotelle, segno di progresso e di volontà nell’attuare strategie inclusive a partire dagli impianti. Sono ancora troppo pochi quelli totalmente fruibili dai disabili».